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view post Posted: 9/1/2015, 19:40 Mendo Kuse Naa... - Fanfiction non DN

MENDO KUSE NAA...
めんど くせ なぁ...




"Ok, ok, non è grave ...", continuavo a ripetermi, ma non riuscivo ad autoconvincermi. Mi grattai la nuca, accigliato, guardando storto le nuvole sopra di me.
"Che seccatura".
Avevo quasi raggiunto casa mia, quando la porta si spalancò ed una ragazza ne uscì di corsa, i lacci del coprifronte che svolazzavano dietro di lei, le armi ed i rotoli che tintinnavano nelle tasche della giacca da jonin. Quando mi vide si voltò per metà nella mia direzione, senza fermarsi. Sorrise e mi salutà.
«Ciao Shikaaa!».
La sua voce lasciò una leggera eco mentre sfrecciava verso il palazzo dell'Hokage. Anche dopo che fu sparita dalla via continuai a fissare la strada, contrariato, per poi varcare la soglia di casa.
«Tadaima!», annunciai in tono annoiato, sfilandomi i sandali prima di salire sul tatami.
Mia madre spuntò dalla cucina, asciugandosi le mani con uno strofinaccio.
«Okaeri!».
Le feci un cenno e mi recai nella sala da shogi. Non avevo intenzione di stare al chiuso, così feci scorrere il pannello in carta di riso che dava sul giardino. Una folata di fresco venticello primaverile mi soffiò in volto, portandomi alle narici gli odori degli alberi. Sentivo il gorgoglio dell'acqua nel canaletto ed il ritmico "Toc!" del legno su legno.
Mi accomodai quindi alla scacchiera e cominciai a giocare.
Mossa dopo mossa districavo i miei pensieri aggrovigliati, ma stava risultando più difficile del previsto, ed ero frustrato. Sì, perché rendermi conto di essere innamorato della mia migliore amica mi stava facendo impazzire. Per di più, sapevo che non mi ricambiava, perché era cotta dell'Hokage da sempre, proprio come Hinata.

«Ehi Shika!».
Eccola di nuovo. Era adorabile.
"Kami, mi sono proprio fottuto il cervello ..."
«Ciao, Nel. Cosa voleva l'Hokage?».
Lei ci pensò su un attimo.
«Uhm ... nulla di particolare, solo che settimana prossima dovrò fare ambasceria a Suna».
«Ah. Be', divertiti!».
«Ma certo, Shika!», replicò lei allegra. «Ehi, andiamo da Ichiraku?».
Risi, o meglio, sbuffai in un modo assurdo ed esasperato che ricordava una risata. Anche lei era fissata col ramen.
«Ok, ok ... ».
Subito mi prese per un braccio e cominciò a correre verso il suo chiosco preferito.

«Irasshai!», ci accolse il proprietario, con un sorriso più grande del solito. Grazie a lei e all'Hokage gli affari gli andavano stupendamente.
Nelly prese posto su uno sgabello ed io mi accomodai accanto a lei.
«Allora … un ramen deluxe … e … », mi guardò interrogativa.
« … miso di maiale», borbottai scocciato.
«Arrivano subito!», e diede l'ordine alla figlia.
Mentre i due cominciavano a cucinare, Nel inizò a parlare.
«Allora, com'è andato il tuo primo incarico coi genin? Volevo chiedertelo oggi pomeriggio, ma ero già in ritardo!».
«Sono delle pesti. Non so come facesse Asuma con noi», commentai.
Rise, e la cena arrivò. Lei mangiò con gusto, mentre io non facevo molto caso a cosa stessi ingerendo. Cercavo qualcosa di cui parlare.
«Ehi, vieni alla festa di TenTen? (1)», mi chiese all'improvviso.
«No», replicai. Certe cose non facevano proprio per me.
«Eddai, Shika! Tu devi venire! Non sarebbe lo stesso senza di te. Onegaiiiiii!». E mi fece gli occhi da cucciolo. Mi voltai, perché sapevo che avrei ceduto.
«Shika … », tamburellò sulla mia spalla, pregandomi in tono persuasivo. Mi arrischiai a guardare con la coda dell'occhio.
“Kuso!”
«E va bene, ma piantala di fare quella faccia!», mi lamentai, mentre lei finiva il ramen tutta contenta.

La festeggiata pescò l'ultimo biglietto, lo aprì e lo lesse trepidante. Gli occhi le brillarono di malizia.
«Gioco della bottiglia!», annunciò solenne, scappando a prendere lo strumento malefico.
Lanciai un'occhiataccia a Nelly e lei rispose con un occhiolino.
TenTen si riaccomodò tra noi e lo fece ruotare. L'arma si indirizzò verso la vittima che fortunatamente non fu né Nelly né io. Applausi e fischi accoglievano ogni effusione.
Poi toccò a Nel, che si guardò intorno con un sorrisino prima di far muovere la bottiglia. Questa vorticò velocemente, i contorni sfocati. Gli altri si scambiavano cenni d'intesa, chiedendosi a chi sarebbe toccato.
Un ultimo tremolio e fissai scioccato il collo della bottiglia che puntava impertinente verso di me.
Poi realizzai cosa volesse dire e guardai Nelly, che sembrava decisamente più rilassata di me.
«Ah, beh! Facciamo questa cosa!», asserì tranquillamente, avvicinandosi a me. Potevo rifiutarmi ed infischiarmene altamente del giudizio degli altri, ma … quando mi sarebbe ricapitata l'occasione?
Ritrovai la mia sicurezza ed inclinai il capo, mentre lei imitava i miei movimenti come uno specchio. La guardai negli occhi un attimo, prima di appoggiare delicatamente le labbra sulle sue.
Il resto della stanza svanì.
Sentii quei petali tremare appena e non riuscii a trattenermi. Approfondii il bacio, assaggiando lentamente le sue labbra, succhiandole appena, tracciandone il morbido contorno con la punta della lingua …
Kami, quanto avrei voluto continuare! Attirarla a me e baciarla fino a quando il bisogno d'ossigeno non si fosse fatto impellente …
«Ehm ehm!».
Cazzo. Aprii gli occhi, ricordandomi improvvisamente che non eravamo soli e che (forse) ero andato un po' oltre.
Mi separai da lei con uno schiocco, evitando di guardarla. Era già tanto se non avrebbe evitato le strade che percorrevo di solito.
Mi alzai, borbottai un “suman” e lasciai la camera, diretto al bagno. Mi chiusi con forza la porta alle spalle, mollando un violento pugno contro lo stipite, incurante del dolore, digrignando i denti. Cercai di rilassare i muscoli e rallentare il respiro, le immagini della scena appena vissuta indelebili nella mia mente.
Perché mi ero lasciato andare, perché?!
Aprii il lavandino, facendo scorrere l'acqua. Affondai le mani nella cascata, riempiendole e mi sciacquai il volto accaldato.
Mentre mi asciugavo con un panno di spugna, sentii dei colpi alla porta.
«Shika? Tutto bene?». Era lei.
Sospirai, non sapevo cosa rispondere.
«Posso entrare?».
Un altro sospiro ed abbassai la maniglia. Il suo volto era tanto dolce da mettermi a disagio. Fece un passo avanti, chiudendosi la porta alle spalle e mi appoggiò una mano sul braccio, stringendo piano.
Incredibile come quel gesto riuscì a tranquillizzarmi. Mi rilassai e lei sorrise, gettandomi le braccia al collo.
I suoi abbracci erano qualcosa di eccezionale, sensuale, confortante. La sua testa si appoggiava perfettamente nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. Sentii che mi stringeva forte, così ricambiai, avvolgendo le braccia alla sua vita e alla sua schiena, ispirando profondamente quel suo odore dolce ed inebriante.
Dondolammo un po' sul posto, senza separarci.
«Scusa per prima», borbottai imbarazzato, cercando di non farmi sentire. Lei si irrigidì - “Oh, merda!” - e sciolse l'abbraccio. Teneva le mani attorno al mio collo e mi guardava confusa.
«Perché?».
Sembrava così innocente in quel momento …
Cedetti.
Repentinamente, mi fiondai sulle sue labbra, avvicinandola a me, mentre cominciavo ad assaporarla con decisione. Era troppo invitante, le accarezzavo le labbra con le mie, suggendole, lisciandole con la punta della lingua.
Per tutto il tempo lei rimase immobile, come pietrificata; allora decisi di staccarmi.
«Ehm … ». Come giustificarlo? Forse mi aspettavo una sua reazione. Non mi spiegavo perché continuasse ad abbracciarmi.
«Tu … mi piaci, Nel … da moltissimo tempo … », confessai infine.
Un lampo passò nelle sue iridi chiare, ipnotizzanti, ma non riuscii ad interpretarlo.
« … ma hai sempre avuto una cotta per Naruto e così … ». Le parole mi morirono in gola. Sembrava imbarazzata.
«Shika, io non sono più innamorata di lui … ».
“Eh?!”
Probabilmente la sorpresa mi si leggeva in faccia.
«Non è più così. Mi piace un'altra persona».
“Kuso!”. Colpito e affondato. Chissà chi era …
«Ah». Avrei voluto andarmene subito, e cercare di riordinare le idee.
Nelly per tutto il tempo non aveva staccato gli occhi dai miei. Portò una mano alla mia guancia, accarezzandola, e rise piano.
«Che baka che sei … ».
E lentamente, dolcemente, mi baciò. Dopo lo sgomento iniziale, gemetti nel bacio e la strinsi forte. Le nostre labbra erano ansiose di scoprire e riscoprire quelle dell'altro, le mani si allacciavano ai fianchi, ai capelli, e provocavano brividi.
Aumentai la presa, sospingendola verso la parete, mentre premevo il mio corpo sul suo e le nostre lingue si intrecciavano, dando inizio ad una danza affatto casta.
Le sue dita strinsero il bordo della mia maglia, tirandola in un invito tremendamente allettante, ma mi costrinsi a rifiutarlo, separandomi di malavoglia dalle sue labbra. Mi scostai giusto un paio di centimetri, e nostri fiati si mischiavano.
«Non … qui … », ansimai col respiro corto, cercando di formulare un pensiero coerente.
Nelly mi guardò, gli occhi brillanti di desiderio e le schioccai un altro bacio sulle labbra ormai gonfie.
Aprii la porta del bagno, e stringendo forte la sua mano, la trascinai fuori dalla casa di TenTen. In un secondo eravamo per le vie di Konoha.

Dove andare?
Svoltai in una traversa, fino ad arrivare alla villa dei Nara. Ci sfilammo distrattamente del scarpe e salimmo nel porticato, girandovi attorno fino ad arrivare dall'altro lato, nel giardino posteriore. Aprii una porta in carta di riso ed entrai nella stanza, con Nelly subito dietro di me.
Era camera mia, c'era ancora il futon a terra, visto che per la pigrizia non l'avevo ritirato. Lei si sedette e mi trascinò giù, impossessandosi delle mie labbra.
Era praticamente un sogno, la luce del tramonto illuminava l'ambiente donando alle nostre pelli una tonalità aranciata.
Portai le mani ad accarezzare le spalle, la schiena, fino a giungere al bordo della maglia. Alzò le braccia e gliela sfilai, liberandomi subito anche della mia. Le slegai il coprifronte, lanciandoglielo da parte e mi presi un attimo per squadrarla: era semplicemente perfetta, il suo corpo armonioso, tutte le curve al posto giusto. La feci sdraiare sul materasso del futon, mentre slacciavo i pantaloni e li gettavo in un angolo. Tornai a baciarla ardentemente, giocando con la sua lingua, mentre le dita correvano ad accarezzare i fianchi, le braccia, la pelle morbida del seno …
La sentii tremare, mentre con un gemito reclinava la testa all'indietro.
Kami, quant'era eccitante, con le labbra leggermente dischiuse, le palpebre serrate e le guance in fiamme.
Le baciai il collo, leccandolo e succhiandolo, il suo corpo che si contorceva sensualmente, mentre il fastidio che avevo tra le gambe da un pezzo diventava insopportabile.
Le mie mani lasciarono il seno, lisciando l'addome e fino a sfilare impudemente i fuseaux della tenuta e l'intimo, cui seguirono i miei boxer.
Mi sfregai contro di lei, soffocando un gemito contro la sua pelle, mentre cercavo di rilassare i nervi. Nelly aprì le gambe d'istinto, venendo incontro ai miei movimenti e la sua bocca emise i suoni più erotici che avessi mai sentito.
«A-ah … ! … Shi … ka … ». Le sue dita si strinsero tra i miei capelli, la coda in cui li acconciavo mezza disfatta, e mi riattirò a sé.
Assaporai le sue labbra ancora e ancora, continuando a strusciare il bacino contro la sua intimità, il bacio sempre più infiammato, le nostre lingue che si rincorrevano senza sosta alcuna.
Tornai ad accarezzarla, scendendo con le labbra fino al seno, continuando il lavoro interrotto in precedenza. Andai a contornare le forme dei capezzoli con la punta della lingua, per poi succhiarli avidamente, una sequela di ansimi fuoriusciva dalla sua bocca tentatrice.
«Mmh … Shi .. ka … ».
Kami Kami Kami! Come poteva esistere una creatura del genere? Cos'avevo fatto per meritarmela?
Nelly mi tirò una ciocca, riappropriandosi delle mie labbra, mentre con l'altra mano percorreva la linea dell'addome e raggiungeva il mio internocoscia. Lo saggiò in tutta la sua lunghezza, vezzeggiandolo e non riuscii a trattenere un gemito che fuoriuscì dalle mie labbra come in un rantolo.
Per non crollare mi tirai su, quasi a quattro zampe, facendo leva sugli avambracci, mentre le nostre labbra si cercavano succhiandosi, mordendosi … All'improvviso, Nelly strinse forte la mia virilità, iniziando a pompare dapprima piano, poi sempre più rapidamente.
Kuso, se continuava così …
«Aaah … Nel … basta … co – sì … », ansimai, il volto ed il torace sudati per l'eccitazione. Le sollevai una gamba liscia, che lei avvolse attorno al mio bacino insieme alla gemella. Non sembrava preoccupata per l'assenza di preparazione.
«Kami, Shika … adesso! … », gemette, quasi in una supplica.
Cominciai a spingermi il lei.
«Aaaaah … », un lungo ansito di pura lussuria mi fece indurire più di quanto già non fossi, mentre le sue mani stringevano convulsamente le lenzuola e cominciavo a sentire un calore intensissimo.
Affondai ancora, fino a metà e sul suo volto si dipinse un'espressione estasiata. Avrei voluto farla mia non so quante volte quella notte.
Finalmente la penetrai del tutto e lei mi allacciò le braccia al collo, facendomi abbassare verso il suo volto. Tracciò il guscio dell'orecchio con la punta della lingua, prima di sussurrare un: «Muoviti».
Non me lo feci ripetere due volte e mentre riprendevo a baciarla mi gustavo quelle labbra di cui non mi sarei mai stancato.
Uscii e riaffondai, spingendomi con forza in lei, il suo calore bruciante come un fuoco. Spinta dopo spinta sentivo bianco, impalpabile, puro piacere danzare davanti ai miei occhi.
Nelly veniva incontro alle mie spinte con una sincronia perfetta, era la sensazione più intensa che avessi mai provato in vita mia.
«Aaah … Shika … ! Sto … per … », quasi urlò, un grido colmo di rossa passione.
Un istante dopo sentii l'orgasmo esplodere e venni in lei, tremando, un gemito lungo e voglioso che non tentai neppure di bloccare.
Infine crollai, evitando di schiacciarla tenendomi sollevato sulle braccia. I muscoli stavano per cedere, lo sentivo. Feci un ultimo sforzo, uscendo lentamente da lei e ricaddi sulle coperte morbide del futon, al suo fianco, stringendola a me. Ci guardammo negli occhi, raggianti ed ansimanti.
«Wow», bisbigliò, un sorriso meraviglioso sulle sue labbra tumide.
Poco a poco le palpebre si fecero pesanti e si addormentò.
Fuori c'era la luna, il giardino era tranquillo e silenzioso, immerso nella semioscurità. La luce degli astri si rifletteva sul tatami e sul viso di Nelly, addolcendolo più di quanto già non fosse.
Poi tutta la stanchezza accumulata si fece improvvisamente sentire e affondai il capo sul cuscino, sospirando di soddisfazione. La sentii muoversi nel sonno, accostandosi a me e tirai sui nostri corpi le coperte. La strinsi piano, senza svegliarla e poco dopo mi addormentai anch'io.
“Già … wow”.



OWARI ~
おわり ~




1: il compleanno di TenTen è il 9 Marzo


Link EFP nel titolo
view post Posted: 9/1/2015, 19:39 Galeotto fu il libro... - Fanfiction non DN

Galeotto fu il libro...



TIFA NON È TIFA LOCKHEART, MA IL NOME DELLA MIA AMICA!



«My soul corrupted by vengeance hath the endured torment to find the end of the journey in my own salvation and your eternal slumber».
Il salotto in stile barocco era immerso nella luce rossastra del tramonto e la profonda voce del giovane uomo riempiva la stanza.
Il libro era aperto, stretto tra le sue mani, i caratteri ed arricciati ed eleganti si stagliavano sui fogli candidi, in attesa di essere seguiti dallo sguardo attento del ragazzo.
«Leggi ancora Genesis!», lo incitò la fanciulla accomodata nell’ampia poltrona foderata di rosso, le braccia incrociate sotto il mento, protesa in avanti, curiosa, gli occhi scuri brillanti come piccole gemme.
L’uomo di nome Genesis si scostò elegantemente la frangia scarlatta dagli occhi e con una mano guantata voltò pagina, proclamando i successivi versi.
«Legends shall speack of sacrifice at world’s end. The wind sails over the water’s surface. Quitely, but surely».
Lei si protese ulteriormente in avanti, entusiasmata. Verso sera Genesis si era presentato alla sua residenza, dichiarando di aver trovato un’interessante lettura che voleva condividere con lei.
Tifa, curiosa, aveva piacevolmente accettato di ascoltarlo recitare i versi, finendo col rimanerne incantata.
Da più di un’ora ascoltava deliziata quella storia, impaziente di conoscerne il finale, ma ora il giovane taceva. Sollevò lo sguardo per incontrare le iridi castane di lui, ma l’altro la fissava ambiguamente.
«Il poema termina qui», affermò pacatamente.
Lei sgranò gli occhi, stupefatta, alzandosi in piedi.
«Ma come! Perché?».
«Il quinto atto non è mai stato trovato...».
«Oh». Tifa abbassò gli occhi, tristemente. Il rosso sorrise e, avvicinandosi alla poltrona si chinò, tenendosi in equilibrio sulle punte dei piedi, sollevando il mento della ragazza e portandone lo sguardo alla sua altezza.
«Ma sai, ho fatto delle ricerche...».
La giovane drizzò le orecchie, sistemandosi sulla poltrona un po’ meglio.
«... e in una grotta ho trovato il manoscritto originale...».
Tifa sgranò gli occhi.
«... dell’ultimo atto».

Tifa, dimenticatasi delle buone maniere ed urlando di gioia, saltò letteralmente in braccio a Genesis, che stringendola saldamente in vita, la fece girare. La gonna dell’abito di lei disegnò un’onda sinuosa nell’aria, per poi ricaderle morbidamente attorno alle gambe.
Un po’ ansante guardò l’altro negli occhi, i sorrisi l’uno specchio dell’altro, mentre cominciavano a percepire uno strano calore.
I due erano amici d’infanzia ed avevano continuato a volersi bene per tanti anni. Come se non bastasse, erano innamorati l’uno dell’altra, ma nessuno si decideva a compiere il primo passo, troppo impacciati e limitati dagli ordini dei genitori.
Ciò che maggiormente li univa era la lettura: insieme avevano consumato volumi grossi, tomi piccoli, saggi e pergamene ed amavano discuterne nel pomeriggio, quando solevano vedersi.
E ora, grazie a quell’opera, Loveless, si erano ulteriormente avvicinati.
Tifa vedeva il proprio riflesso negli occhi dell’altro, Genesis era affascinato da come il sole filtrato dalle tende rossicce adornava la chioma scura e la pelle lattea di lei, giocando con le onde dei boccoli, riflettendosi delicatamente sulle labbra dolci e leggermente socchiuse di lei.
Il rosso era stordito dai battiti frenetici del suo cuore, più guardava la ragazza di fronte a lui, più provava l’impellente istinto di baciarla.
Era ancora insicuro dei sentimenti di Tifa, ma da come lo stava guardando pareva non attendere altro neppure lei. Tuttavia, scelse di averne una conferma, e con la sua tipica galanteria le chiese: «Posso?».
Le iridi di lei brillarono, e annuì.

Le loro labbra si sfiorarono, tremanti, ansiose, combaciando perfettamente. Fu un contatto lieve e delicato che terminò pochi istanti dopo con uno schiocco. Tifa lo guardò, rapita e raggiante, per poi posare lo sguardo sulla bocca di lui. Continuando a tenergli le braccia al collo, si sollevò in punta di piedi e la riassaggiò, schiudendo la propria, e da quel momento non lessero più.
Genesis si portò rapidamente la mano guantata al viso e addentando il tessuto che copriva l’indice tirò, in un gesto incredibilmente sensuale, scoprendo il palmo. Tifa lo guardava, gli occhi lucidi, incapace di attendere: si lanciò nuovamente sulle labbra del compagno mentre lui scendeva con le dita lungo i suoi fianchi, piano, mandandole brividi e cingendole la vita per attirarla a sé e prendere ad accarezzarle la schiena.
Oh, quanto avrebbe voluto non vi fosse quell’abito ad impedirgli di saggiare pienamente quella morbidezza! I tocchi leggere ma appassionati di lei, le sue dita che gli sfioravano gentili la nuca gli piacevano da impazzire. Ansimò nel bacio, e non resistette oltre: lasciò che le mani giungessero all’allacciatura del corsetto purpureo, sciogliendone i lacci ed allargandolo. Il bustino cedette, concedendo alla ragazza un po’ di respiro mentre il tessuto ruvido, muovendosi, le sfiorava i capezzoli, eccitandola.
«Spogliami», disse quando smisero di baciarsi per prendere fiato. Genesis calò, sfiorandole la bocca umida, lisciandole la mascella con la lingua e scivolando sul collo, suggendolo piano. Piccoli ansimi fuoriuscivano dalle labbra di lei mentre il rosso spostava le mani dalla schiena, alle natiche, alle anche della giovane e continuava a scendere, afferrando tra le mani la stoffa più liscia della gonna leggera e sollevandola, tirando l’orlo verso l’alto, rivelando poco a poco le gambe affusolate di Tifa, il ventre piatto, il seno invitante, celando per un momento il volto di lei ed infine andar a finire sulla poltrona alle spalle dei due.

Genesis si concesse di rimirare per qualche attimo il corpo dell’amata, ammaliato: era come le Veneri delle statue classiche, liscia, perfetta, ma molto più morbida. Lei arrossì un attimo, per poi tornare a baciarlo, posandogli una mano sul petto, mentre le lingue si intrecciavano e le labbra si assaporavano ancora.
Il rosso sentiva le viscere contrarsi, l’eccitazione cominciare a rendere sfocati i contorni della stanza, la sua crescente erezione premuta nei pantaloni. Ed ecco che le sue mani si intrecciavano alla chioma di lei e schiudeva le labbra, sentendo il suo fiato caldo sulla lingua che lo stordiva...
All’improvviso Tifa si scostò, voltandosi di spalle e spostandosi verso il baldacchino. Genesis ingoiò a vuoto mentre il suo sguardo si posava predatorio sulla curva sinuosa della colonna vertebrale, scivolando poi sulle rotondità sottostanti. La voglia di toccarle, morderle non faceva che aumentare...
Quando poi si voltò di un quarto verso di lui, chiamandolo col dito ed adagiandosi sulle candide coltri dell’enorme letto, Genesis si stava già sfilando i lunghi stivali lucidi, slacciando il gilet ricamato ed avanzò verso il giaciglio, la camicia fuori dalla cinta, semi aperta, i pantaloni slacciati. Si appoggiò con la mano ed il ginocchio sul materasso e facendo leva sulle braccia si sdraiò sulla ragazza che divaricò istintivamente le gambe. Il rosso tremò: divorava con gli occhi quel corpo invitante, quasi incredulo di poterlo finalmente ammirare, sfiorare, possedere.

«Sei meravigliosa», confessò ammaliato prendendo ad accarezzarle le spalle, la clavicola, il seno. Tifa si sentiva completamente rilassata, ammansita dalle dita leggermente ruvide di Genesis. E poi la bocca famelica del giovane andò con un sospiro a sostituirsi alle mani, il respirò gli uscì tremante dalle labbra, quasi incredulo alla vista delle soffici colline che sorgevano dal petto di lei, dei capezzoli eretti più scuri, e lingua e labbra poterono saggiare quelle morbidezze.
E quanto più delicate erano! Genesis le assaporava quasi con venerazione, sentiva il membro indurirsi sempre più quando la lingua passava sui piccoli bottoncini di pelle, mentre con l’altra mano accarezzava il seno scoperto, per poi invertire i ruoli.
Tifa era quasi divertita dalle sue reazioni: la intenerivano, la facevano sorridere mentre lo guardava e giocava con i suoi capelli.
Poi il rosso prese a scendere e la ragazza si lasciò andare ad ansimi più profondi, mentre il pensiero di ciò che stava per accadere le mandava scariche che adrenalina, ed inclinò leggermente il capo all’indietro.
La lingua curiosa di Genesis le lisciò il ventre, si insinuò nell’ombelico, accompagnando le cortesie con lo stuzzicamento del clitoride.
«Nnh!», soffocò lei, sorpresa. Non si aspettava che sarebbe stato così piacevole...
L’indice continuò a sfiorarle quel punto estremamente sensibile, mentre la lingua non sembrava intenzionata a rimanere troppo tempo nello stesso punto e nel giro di poco tremò per il brivido provocato dal fiato caldo di lui in corrispondenza della sua entrata.
D’un tratto si ritrovò carica di aspettativa e desiderio: se con un solo dito aveva già cominciato a bagnarsi, non osava immaginare come sarebbe stato dopo...
Ed ecco che Genesis tentò un primo approccio: con la punta della lingua percorse tutta la femminilità di Tifa, mentre lei stringeva convulsamente le lenzuola.
Troppo, troppo piacere...

Il rosso si sentiva orgoglioso di aver ottenuto una reazione simile e, per nulla disturbato dagli umori dell’amata, riprovò, soffermandovisi più a lungo. Mimò una penetrazione, constatò la morbidezza incredibile della zona, per poi scostare con due dita le piccole labbra e giocandovi, succhiando il clitoride.
«Aah!», gemette la moretta, per poi coprirsi il volto con le mani, imbarazzata.
Genesis la guardò e con dolcezza le disse: «Non nascondere il tuo viso, è così bello...», per poi cominciare a depositarle baci sul décolleté e sul collo mentre la compagna faceva come richiesto e gli tirava le ciocche rosse per riportare la bocca di lui sulla propria.
Di nuovo poterono godere di quell’intreccio di saliva e passione. Le labbra venivano succhiate, morse, le lingue intrappolate, trattenute, reclamate, ed i corpi si strusciavano l’uno sull’altro. Tifa infilò le mani sotto la camicia scombinata del ragazzo, sfilandogliela ed accarezzandogli il petto, stuzzicandogli i capezzoli e le dita di lui tornavano, dopo aver pizzicato e lisciato i fianchi di lei, a prepararla. Con cautela introdusse il medio nell’apertura, muovendolo piano. Tifa respirò pesantemente: non era fastidioso, solo insoddisfacente. Si sentiva così eccitata che il piacere che andava via via scuotendole il corpo non riusciva pienamente a percepirlo. Sentiva la testa girare.
Capendo di non starle arrecando dolore, Genesis inserì un altro dito, desideroso di vedere di nuovo quell’espressione gaudente sul viso della fanciulla. La moretta respirò più affannosamente mentre medio ed anulare continuavano ad affondare il lei con movimenti circolari, piegandosi per stimolarle diverse zone.
«Genesis...», ansimò. Lo voleva subito, in quel preciso momento, ma il rosso non aveva alcuna intenzione di farle male ed ignorando le proteste di lei aggiunse anche l’indice.
La ragazza si ancorò alle spalle di lui, stringendole, ma non vi si soffermò troppo, le premeva altro.
Corse fino all’allacciatura dei pantaloni del compagno, slacciandoli e liberando finalmente il membro che vi era racchiuso. Lo fissò bramosa, desiderava toccarlo, baciarlo, ma non adesso, terminando invece di spogliare il compagno, facendogli scorrere l’indumento oltre le gambe ed i piedi.

Finalmente erano entrambi nudi, pronti a diventare l’una dell’altro. Tifa allungò una mano verso la virilità del rosso, prendendo a massaggiarla, compiacendosi del respiro corto del giovane.
«Aah... Tifah...», gemette, il braccio gli tremò e per un attimo temette di caderle addosso, riuscendo però a riprendersi. Totalmente in balia della libidine, intontito dalla vulva umida di lei e dalle sue dita strette attorno alla propria lunghezza, si rese conto che non era in grado di resistere oltre. Prese la mano della mora, fermandogliela al lato della testa, le dita intrecciate, mentre la ragazza allacciava le cosce ai fianchi di lui, l’apertura pulsante e bramosa di essere violata che si contraeva attorno alle dita intruse.
Il ragazzo provvide ad estrarle, conducendo all’entrata la propria erezione e guardando per un attimo la compagna negli occhi: sapevano entrambi cosa desideravano.
Genesis spinse e per entrambi fu il paradiso.
Tifa era talmente dilatata che non sentì dolore, solo un leggero fastidio che andò velocemente scemando, sostituito dalla pura lussuria.
«Aaaah!... Genesis!...», ansimò, il cuore che le batteva forsennato mentre l’amante si sentiva avvolgere dal calore dell’altra.
“Dio...”, pensò. Non sarebbe rimasto fermo, era impossibile non affondare ancora ed ancora in quel corpo bollente ed invitante. Scese a baciarle le labbra solo per un attimo, entrambi troppo presi a sospirare per impegnare la bocca in altre attività.
Il rosso uscì, solo per rientrare velocemente in quell’antro, spingendo sempre più forte. Tifa era sconvolta dal piacere, urlava, le labbra spalancate. Cercava di coprirsi, impedirsi di mostrare la sua eccitazione con la voce, ma Genesis non aveva intenzione di permetterglielo, udire quel canto di passione lo mandava in estasi.
Le prese quindi anche l’altro polso e lo inchiodò con delicatezza, ma tenendolo ben saldo al materasso e continuò a muovere il bacino, in un turbine di enfasi ed eccitazione.

“Dio, Dio, Dio...”
Era inebriante... i loro corpi che si allacciavano, si muovevano in sincrono, le voci che cantavano in perfetta armonia, i seni di lei danzanti, il membro di lui avvolto dalle carni della compagna che centrava un suo punto erogeno, il sudore sulla pelle di lui, l’impossibilità per lei di muoversi li facevano impazzire. Ansimavano i loro nomi, si incitavano, si baciavano, si leccavano, si mordevano, in un vortice di lussuria.
Ed ecco che le spinte si facevano più veloci, gli urli più acuti, i gemiti più sospirati finché Genesis non uscì di colpo dal corpo di lei, violando il proprio bisogno. Tifa si sentì improvvisamente vuota ed insoddisfatta: l’aveva palpato quel piacere, era arrivata vicinissima al toccarlo e le era stato sottratto bruscamente. Guardò l’altro stranita ed infastidita, e vide che il rosso la fissava ardente, le sopracciglia aggrottate, le spalle che si alzavano ed abbassavano velocemente.
«Genesis...?», chiese incerta, ma l’altro non rispose; si dondolava, concentrato su qualcosa. La mora seguì con lo sguardo il corpo di lui, accorgendosi che stringeva nervosamente il membro con una mano. Cercava di rilassare i muscoli, sbuffava pesantemente: non voleva venire.
Tifa a quella vista s’intenerì, ma non voleva terminasse in quel modo. Gli si avvicinò, carezzandogli una guancia, guardandolo negli occhi. Un piccolo bacio.
«Ehi...», sorrise. «Va tutto bene».
Lui la fissò spaventato, ma quando Tifa si sporse nuovamente per baciarlo e le sue labbra risposero tremanti al contatto si arrese. Lasciò che le sue mani tornassero a godere della pelle morbida e liscia dell’amata, dei seni, dei fianchi, delle natiche, delle cosce ancora divaricate.
La ragazza si era risdraiata, ancorando le dita alla chioma rossiccia e scombinata dell’altro e sollevò il bacino per strusciarlo contro la virilità dell’amante.
Un sospiro, il giovane sentì la sua erezione tornare a gonfiarsi mentre Tifa giocava con i suoi capezzoli e la punta del membro sfiorava l’apertura umida di lei. La voleva baciare, e così fece: scese lungo il corpo della compagna e riassaporò quelle labbra tentatrici, leccandole, succhiandole, mordendole finché non intervenne la lingua.

Era inebriante, il pollice andò a stuzzicare ancora una volta il clitoride, il medio e l’anulare la penetrarono lentamente, i fianchi di lei che gli andavano incontro.
Ancora poco e Genesis venne riaccolto in lei, con una sola e fluida spinta.
«Aaaah!». Le unghie di lei infilzarono la schiena del rosso mentre gemeva gaudente, eccitata dal sentire nuovamente il suo pene duro all’interno.
I movimenti ripresero, energici e profondi, veloci e precisi. Le voci dei due amanti saturavano la camera.
Frenesia. Genesis spingeva sempre più velocemente.
«Aaah! Genesis...! Sìì!...», Tifa sentiva di star impazzendo... eccolo, eccolo! Il piacere tanto bramato, bianco, palpabile...
Pochi altri colpi di bacino ed i loro corpi si tesero come archi, le teste all’indietro, le bocce spalancate per concedere alle urla di piacere di uscire, stordirli, eccitarli un’ultima volta. Genesis si liberò nella ragazza che al sentire il liquido caldo dell’amato in sé venne abbondantemente, torturandogli le ciocche rossicce.
Ansanti, continuarono a stringersi mentre il giovane crollava sulla compagna, evitando di pesarle addosso. Si trovava ancora in lei, ma non provava più l’eccitazione inebriante e la passione di pochi attimi prima, solo pace e felicità: aveva fatto l’amore con Tifa, ed era stato bellissimo e perfetto. Ora si appartenevano.
La moretta accarezzava l’amato, gli passava le dita sulla schiena, e dalle labbra di lui fuoriuscì un sospiro, mentre la abbracciava in vita, il capo appoggiato nel solco fra i seni.
Tifa sorrideva.


~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~ ♥~




«Genesis!».
La ragazza correva nel parco di villa Rhapsodos, il leggero abito primaverile di lino chiaro ondeggiante intorno a lei. Il giovane, sentendosi chiamare, sollevò lo sguardo dal grosso tomo che reggeva fra le mani e rispose al saluto.
«Tifa, benvenuta!».
Si alzò in piedi andandole incontro, facendo giusto in tempo a posare il volume sul tavolino li accanto prima che la fanciulla gli saltasse quasi letteralmente in braccio.
«Stamani sono stata alla biblioteca e ho incrociato una domestica che mi ha dato questi», gli spiegò, staccandosi dall’abbraccio e porgendogli dei fogli ingialliti che prima non aveva notato. Presoli, riconobbe che si trattava delle sue ricerche su Loveless. Sgranò gli occhi e realizzò perché in villa non riusciva a trovarle. Poi gli venne un dubbio, e rivolse lo sguardo alla moretta, preoccupato.
«Li hai letti?».
Tifa non rispose subito, tirò leggermente in su le labbra e alla fine si decise a chiarire i dubbi del rosso.
«No».
Un sospiro di sollievo.
«Perché?».
Genesis si voltò, passando sotto le iridi l’elegante grafia di quei versi e parlò, dandole le spalle.
«Sono anni che svolgo delle ricerche per trovare il quinto atto. Ho viaggiato ovunque, studiato moltissime lingue... e finalmente ho il manoscritto originale!», esclamò ardente, girandosi con un dolce sorriso sulle labbra.
«Ed ora posso condividerlo con te».



Even if the morrow is barren of promises, nothing shall forestall my return.
To become the dew that querces the land. To spare over the seas, the skies.
I offer thee this silent sacrifice.


Loveless, ACT V




おわり~

Il link EFP è nel titolo
view post Posted: 9/1/2015, 19:37 Seoul, ore... - Fanfiction non DN

SEOUL, ORE…




Seoul, ore 19:48
Ero appena uscita dall'aeroporto e stavo aspettando un taxi che mi portasse all'albergo. Appoggiai la valigia a terra, rilassando il braccio che chiedeva pietà.
Un sospiro, a metà tra il malinconico e l'emozionato. Cosa ci facevo nella capitale della Corea del Sud?
Sinceramente, era per svago: avevo deciso di visitarmi Giappone e Corea da cima a fondo, così, dopo aver esplorato ogni città de Sol Levante, mi ero spostata nella penisola più a nord.
Lasciare Narita era stata una vera e propria sofferenza, come se avessi abbandonato una parte di me in quella terra bellissima. Però ero certa che vi sarei tornata molto presto, poco ma sicuro.
Rassicurata, mi portai due dita alle labbra e fischiai. Un tassista di passaggio sentì ed accostò. L'uomo scese e caricò la valigia nel bagagliaio, mentre io mi accomodavo sul sedile posteriore. Il conducente quindi entrò nella vettura, chiedendomi l'indirizzo. Ricevuta la risposta quello partì, mentre sorridevo compiaciuta per essere in grado di sostenere una conversazione in una lingua complessa ed impronunciabile qual'era il coreano.
Il viaggio fu tranquillo: osservavo le luci notturne e le strade caotiche di Seoul mentre ci avvicinavamo all'hotel. Una volta giunti a destinazione e scaricati i bagagli, ispirai profondamente. Si sentiva un'aria nuova, diversa.


Seoul, ore 20:19
In albergo depositai velocemente la valigia nella camera, mi diedi una rinfrescata dopo il lungo viaggio e sfrecciai di sotto, consegnando le chiavi alla reception.
Volevo mangiare fuori, vivere la città, fare un giro per i negozi, perché no?
Camminai per un buon quarto d'ora finché non trovai un ristorante non troppo caro. Ordinai kimchee e e mentre aspettavo che mi portassero la cena osservavo le persone nella sala, lo sgusciare dei camerieri tra i tavoli, l'arredamento del locale. Quando sentii un odore speziato riportai l'attenzione sul mio posto, un piatto rossastro e fumate davanti a me. Ringraziai e cominciai a mangiare.
Oddio, era più piccante di quanto immaginassi! Ingoiai e bevvi subito un lungo sorso d'acqua.
Terminato il pasto pagai ed uscii, decisa a farmi una bella passeggiata. Era davvero rilassante lasciarsi trasportare dal ritmo cittadino, leggere le coloratissime pubblicità sugli schermi giganti, ascoltare i passanti che chiacchieravano in coreano.
Voltato l'angolo mi trovai davanti all'enorme promozione del concerto di una band che conoscevo piuttosto bene; il sorriso del leader pareva ammiccare a chiunque lo guardasse.
Ero talmente concentrata sul poster che non mi accorsi dei passanti contromano, e ci andai a sbattere contro. Riuscii a non cadere a terra solo perché venni trattenuta dal malcapitato. Cominciai a borbottare delle scuse, concitata, per poi alzare lo sguardo.
“Ok, adesso svengo sul serio”, pensai.
Davanti a me trovai un'espressione sorpresa, specchio della mia, tracciata su un volto decisamente molto attraente. Restammo qualche istante a fissarci negli occhi finché un forzato colpo di tosse ci distrasse e realizzai che il bel moretto non era solo. Il biondino accanto a lui guardò l'amico interrogativo e l'altro finalmente gli illustrò la situazione.
«Yose, ti presento Ele».
Yoseob sembrò afferrare subito e mi sorrise smagliante, con un'espressione saputa.
«Piacere, Yoseop», si presentò ironico, mentre ci stringevamo la mano.
A quel punto il moretto poté sputare la domanda che pareva stesse trattenendo da quando ci eravamo incontrati.
«Ma cosa … ?».
Quant'era tenero!
«Vacanze», risposi arrossendo, cercando senza riuscirci bene di sembrare sicura di me. Lui annuì, assorto. Mi stava per venire un infarto.
«Senti, Kik, ti lascio con lei. Ci vediamo domattina alle prove, ok?».
Ok, adesso avrei davvero voluto abbracciarlo, non fosse che pensai a Sakura-chan (1), perciò mi limitai a guardarlo con riconoscenza, mentre Kiki si dichiarava d'accordo.
Yose ci salutò e proseguì per la sua strada, lasciandoci soli. Mi rivoltai il cervello cercando qualcosa da dire, ma non riuscivo a ragionare lucidamente. Come fece lui a buttar lì qualcosa era un mistero.
«Quando sei arrivata?».
«Un paio d'ore fa».
«Sul serio?». Sembrava sorpreso. Chissà perché.
«Già».
Ci eravamo avvicinati inconsciamente.
«Allora devi assolutamente vedere Seoul! E' una città davvero bellissima!».
Era molto entusiasta.
«Lo so, domani comincerò a girare».
Scoppiò a ridere.
«Come, da sola?! Senza offesa, ma ti perderesti».
«Ehi!», parlare con lui stava diventando davvero semplice.
«Non è per te, è solo che Seoul è davvero enorme. Ti servirebbe una guida … ».
Una scintilla di speranza balunginò nel mio petto.
« … Ti spiace se ti accompagno io?».
Aveva un'espressione stupefacente in quel momento. Avrei voluto continuare ad osservare quel viso d'angelo per sempre se non avessi avuto la certezza che mi avrebbe sicuramente presa per una depravata.
«Ne sarei felicissima!», acconsentii con un gran sorriso. Non riuscii a trattenere bene l'entusiasmo. D'altro canto anche Kiki pareva di ottimo umore, come fosse stato lui a ricevere un regalo, anziché io.
«Nessun problema!».
«Perfetto! Va bene se ci vediamo domani pomeriggio, dopo le prove?».
«D'accordo. Allora fatti trovare fuori dall'edificio della K/ON Records verso le due, ok?», e mi indicò l'enorme grattacielo ad un paio di isolati più a ovest. Io annuii, senza smettere di sorridere.
«Ora devo andare, se domattina arrivo tardi alle prove non posso garantire la mia incolumità per la nostra gita di domani».
Ridemmo, io con un po' di malinconia.
«Allora … a domani … ». Non volevo lasciarlo così presto.
Non ebbi il tempo di pensare a nient'altro, perché si chinò e mi baciò una guancia.
Parecchi istanti dopo, o forse solo il secondo successivo, separò le sue labbra morbidissime dalla mia pelle e mi guardò dolcemente.
Non ci capivo più niente. Fluttuavo? Forse. Non lo avrei escluso.
«Sono davvero contento di averti rivista, Ele».
«Sì … anch'io … ».
«A domani … ».
Mi fece un cenno con la mano, un ultimo sorriso e si avviò.
«Ciao … », mormorai, ancora non del tutto conscia di ciò che stava accadendo intorno a me.



Seoul, 13:14
Ok, ero in anticipo di un quarto d'ora. Non volevo ammetterlo, ma ero davvero nervosa. Dopo ciò che era successo ieri sera come avrei dovuto considerare quell'uscita? Era una sorta di … appuntamento?
Dopo essere rientrata all'albergo non ero riuscita a dormire. Quando ero venuta a Seoul non mi ero concessa di sperare di incontrarlo, sarebbe stato troppo.
Già il fatto che un paio di anni prima i B2ST avessero fatto un concerto a Milano pareva surreale, ed ancora più incredibile che io e Kiki avessimo passato i restanti due giorni del tour in giro per la città, come se ci conoscessimo da sempre. Separarsi fu davvero doloroso, sembrava passata una settimana e non pochi giorni. Invece, era trascorsa rapida come pochi secondi.
Avevo incontrato il mio idolo, ero stata con lui come nessun'altra fan. Non potevo davvero aspettarmi di più. Per questo non avevo assorbito appieno la faccenda ed avevo finito per addormentarmi alle cinque, col risultato di un risveglio piuttosto agitato e tardivo.
«Ehi!».
Evitai di sussultare.
«Ciao!». Gli ero davvero grata per aver interrotto il filo dei miei contorti pensieri. Mi sorrideva sereno, la maglietta nera a mezze maniche, aderente, non lasciava spazio all'immaginazione: i muscoli delle braccia, del torace e dell'addome erano perfettamente visibili.
«Andiamo?».
Feci cenno di sì e cominciammo a camminare uno affianco all'altra.
«Allora, come sono andate le prove?».

Passeggiammo per tutto il pomeriggio, visitando gran parte della città. I piedi non mi dolevano solo perché ero abituata a stare sui tacchi per ore senza mai sedermi. E anche se così non fosse stato, non credo l'avrei notato: Kiki era una guida fantastica: mi mostrava i templi, i musei ed imparai qualcosa anche sulla cultura … di gran lunga meglio di un depliant. Avevamo fatto un paio di break di tanto in tanto per riposarci e mangiare qualcosa.
Erano quasi le otto quando ci accorgemmo di avere una gran fame. Insistetti molto per un posticino tranquillo, ma non riuscii a convincerlo, così dieci minuti dopo mi ritrovai seduta al tavolo di uno dei migliori ristoranti di Seoul con il ragazzo – senz'ombra di dubbio – migliore.
Mi sarei presa a schiaffi da sola per tutta la timidezza mostrata la sera precedente e quel pomeriggio, tanto parlavamo con naturalezza. L'unica cosa invariata era il battito furioso del mio cuore.
La serata fu perfetta e riuscii ad evitare i piatti piccanti. Restammo lì per un'oretta emmezza, lasciando poi il locale. Cominciammo a camminare verso il mio albergo, continuando a chiacchierare. Quando raggiungemmo l'hotel mi sentii amareggiata come per l'arrivederci del giorno prima.
Non volevo lasciarlo andare, proprio non ci riuscivo.
«Ci rivediamo domani».
«Ok». Sperai non avesse notato la nota tormentata nella risposta. Feci per girarmi ma lui mi afferrò il mento tra due dita e mi diede un altro bacio, sull'altra guancia. Quando separò le labbra dalla mia pelle lo guardai, gli occhi accesi di buonumore ed emozione, mentre l'istante successivo mi stringeva tra quelle braccia forti e accoglienti.
«Non essere triste … », mi sussurrò all'orecchio, con voce dolce. Sentivo il suo fiato sul collo, mi faceva venire i brividi.
«Mi fa star male», continuò.
“No, no, NO!”. Mi sforzai di convincermi che fosse solo un sentimento fraterno, almeno da parte sua, mentre io invece ero già cotta, totalmente pazza di lui.
Rimanemmo abbracciati per un po'. Aveva un profumo magnifico e quell'abbraccio … il più bello di sempre.
Poi, lentamente, cominciò ad allentare la presa, le mani però ancora unite alle mie. Sorrise.
«Allora, ce la fai ad aspettare domani?».
«Credo di sì», risposi con un broncio divertito che gli scatenò un piccolo riso.
«Buonanotte».
E lasciò anche le mie mani.
«'Notte», ricambiai radiosa.



Seoul, circa una settimana dopo, ore 23:04
Il concerto era stato davvero magnifico!
Kiki mi aveva dato i biglietti per il backstage un paio di giorni prima, scusandosi per il ritardo e per i successivi giorni dato che le prove in vista dello show avrebbero impedito di vederci. Era stato adorabile.
C'era un caos pazzesco, il pubblico non faceva che applaudire e le fan urlare il proprio amore per ogni singolo componente della band.
I cantanti ringraziarono e lasciarono il palcoscenico, raggiungendomi nelle quinte. Uno dopo l'altro Dong Woon, Hyun Seung, Jun Hyung e Du Jun sfilarono sotto il mio sguardo ammirato. Mi fecero un cenno e cominciarono tranquillamente a discutere tra loro. Poco dietro c'era Yose. Appena mi vide mi raggiunse allegro.
«Allora, com'è andata?».
«Ahah, lo so, siamo fantastici!», fece il modesto dandomi un pugnetto alla spalla. Poi con la coda dell'occhio vide l'ultimo membro del gruppo, mi fece l'occhiolino e si unì alla conversazione degli altri.
«Mmh … non male … », risposi ironica.
Finalmente potevo vedere Kiki dopo lo spettacolo. Mi stava venendo incontro quasi di corsa, con la maglia smanicata nera che metteva in risalto le sue braccia (“Ti prego, fa' che non sbavi!”) ed il torace perfetto. Era leggermente sudato, la sua pelle luccicava, ma il volto non dava l'impressione di essere affaticato, anzi, le sue labbra erano stirate in un sorriso meraviglioso e bianchissimo.
Mi abbracciò di slancio, sollevandomi da terra e facendomi girare. Sentii uno strattone da qualche parte imprecisata dell'ombelico per aver sfidato la forza di gravità. Un attimo dopo ero di nuovo coi piedi per terra, e Kiki mi teneva le mani.
«Grande concerto!», mi complimentai entusiasta.
«Grazie», e sembrava davvero lieto che mi fosse piaciuto tanto.
Restammo a guardarci negli occhi per qualche momento, senza pensare né dire niente. Riuscivo a specchiarmi in quelle iridi scure come la pece e calde come il fuoco di un caminetto, cercando di realizzare ciò che stava succedendo …
«Senti … ti va di accompagnarmi a casa?».
Annuii, senza interrompere il contatto visivo, cosa che però feci d'istinto quando si chinò a baciarmi l'angolo della bocca.
«Andiamo, allora».
Dopo aver salutato gli altri, uscimmo dal retro, dov'era parcheggiata – non potevo crederci – una R1 lucida come il petrolio. Rimasi a fissarla ammirata per un attimo, impietrita e con gli occhi da pazza.
«Tutto ok?».
«Certo, gran bella moto», sussurrai con un filo di voce, per poi accomodarmi dietro di lui, infilare il casco e stringerlo in vita per non cadere.
Kiki inserì la chiave, girò, diede gas e prendemmo a volare per le vie della città. Era velocissimo, il ringhio del motore come quello di una pantera a caccia. Il cuore mi batteva fortissimo per l'adrenalina, chissà se riusciva a sentirlo attraverso la giacca di pelle.



Seoul, ore 23:22
Appena arrivati sotto il palazzo di Kiki smontammo dalla moto. Mi tolsi il casco, scuotendo i capelli schiacciati per qualche secondo. Infine, lo riappoggiai sulla sella.
«Grazie per essere venuta», disse lui, stringendomi forte una mano, guardandomi dritta negli occhi.
Il suo sguardo era pieno di riconoscenza, il volto splendente alla luce della luna.
«Non c'è di che».
Era solo una mia impressione o l'aria era diventata elettrica? Mi sentivo tremare … e Kiki era sempre più vicino …
Gli andai incontro d'istinto e le nostre labbra si sfiorarono.
Wow … le sue erano così … morbide, fresche, invitanti. Per nulla al monto avrei interrotto quel contatto. Era talmente dolce … gli lasciai la mano e risalii fino al suo petto, sentendo i pettorali invidiabili sotto i polpastrelli, e poi gli cinsi il collo, stringendo leggermente i ciuffi di capelli corvini della nuca tra le dita, mentre lui allacciava le braccia alla mia vita, accarezzandola piano, attirandomi a sé.
Le emozioni che stavo provando erano indescrivibili, fortissime, sconvolgenti. Kiki prese a succhiarmi leggermente il labbro inferiore, sensualmente, per poi intrufolare la lingua nella mia bocca. La gemella le andò incontro senza esitazioni, trepidante, accarezzando la sua, assaporandola con calma …
Era così naturale, non c'era alcun imbarazzo, ma solo un gran bisogno. E, Dio!, Kiki era così perfetto in quel momento …
Quando la fastidiosa necessità d'aria si fece impellente ci separammo lentamente, con un leggero schiocco, per poi guardarci negli occhi un istante. Solo uno, perché non avevamo finito di saziarci l'uno dell'altra, perciò tornammo ad assaggiarci. Una delle sue mani s'infilò sotto la mia maglia, calda a contatto con la mia schiena. Rabbrividii mentre facevo aderire meglio i nostri corpi e lui mi strinse ancora, voglioso, dolce, spontaneo.
Ci fu uno scontro di lingue, di labbra, di sguardi, finché non ci separammo di nuovo, il respiro affannoso.
«Vieni», sussurrò rauco, prendendomi per mano.
Con l'altra aprì velocemente il portone ed in un lampo entrammo in ascensore, premendo il pulsante del trentesimo piano.
Mentre ci avvicinavamo all'appartamento era come se non potessimo fare a meno di baciarci. Dopo aver abbassato la maniglia dell'ingresso con il gomito, mi prese in braccio di slancio, tenendomi saldamente le cosce. Allacciai le gambe alla sua schiena e le braccia al collo, continuando a giocare con le nostre bocche.
Un calcio e la porta si richiuse. Per tutto il tragitto fino alla camera da letto non pensai minimamente a guardarmi intorno e mi separai da lui solo quando sentii il materasso sotto di me. Realizzai che mi trovavo in una stanza quadrata dai muri bianchi. Due pareti – quelle di fronte alla porta e al letto – erano vetrate, sotto di noi la città scintillava di luci notturne.
Era davvero bello.
Un movimento ai margini del mio campo visivo mi fece riportare l'attenzione sul ragazzo, che mi sorrise e si chinò verso di me. Afferrai con una mano la sua maglia nera, attirandolo a me, intrappolando le sue labbra tra le mie. Lui seguì i miei movimenti, inginocchiandosi sopra di me, tenendosi in equilibrio facendo leva sulle braccia. Solo al pensiero dei suoi bicipiti flessi sentii l'eccitazione salire. Sollevai il bordo della sua canottiera scura, tirandolo più in alto che potevo. Kiki si mise un attimo a sedere, sfilandosela, per poi fare lo stesso con la mia t-shirt.
Circondai le sue spalle muscolose, sdraiandomi, mentre facevo scorrere le mani lungo la sua pelle tesa e liscia, fino a raggiungere i suoi jeans. Spostai le dita sull'allacciatura, armeggiando col bottone e la zip mentre continuavamo a baciarci. Sentii il metallo sfilarsi dall'asola e seppi che ce l'avevo fatta. Abbassai pantaloni e boxer senza vergogna o imbarazzo, mentre Kiki imitava i miei movimenti.
Liberatami anche del reggiseno, rimanemmo nudi, fissandoci negli occhi, vogliosi, per qualche istante, finché ancora non ricongiungemmo le labbra con calma. Poi scese sul mio collo, leccandolo e suggendolo piano, lasciandomi una scia incandescente e bagnata.
Non avevo idea di quando avessi preso ad ansimare mentre giocavo con le sue ciocche corvine e la sua bocca scendeva, lasciando il collo per stuzzicare qualcos'altro. Passò le labbra delicate e la lingua sulle collinette dei miei seni, stringevo forte la mascella per non emettere suoni imbarazzanti. Quando però prese in bocca un capezzolo, accarezzando l'altro con la punta delle dita, non resistetti più.
«A-ah … », non avevo mai sentito la mia voce così rauca.
Non so per quanto tempo continuò quell'idillio, nemmeno quando invertì le labbra e la mano, o quando, abbandonati i capezzoli ormai turgidi, iniziò a giocare con il mio ombelico, penetrandolo sensualmente con la lingua. Mi inarcai sotto di lui, gemendo forte. Non riuscivo più a controllarmi, mentre con le mani mi separava e sollevava le gambe, per poi baciare dolcemente il clitoride.
« A-ah … Ki … ki … ».
Mioddio. Se in quel momento il godimento era tale, non riuscivo ad immaginare quanto ne avrei provato dopo.
Sentivo il sangue concentrarsi nelle guance e nella mia intimità, il cuore che batteva furiosamente e seppi che se non volevo venire subito dovevo direzionare la bocca di Kiki altrove. Così, tirandogli leggermente i capelli, riportai il suo volto sul mio, per poi intrecciare labbra e lingue in una danza tremendamente erotica. Continuavo a tenere braccia e gambe allacciate a lui, sentivo premere il suo membro contro la mia femminilità e mi si rivoltarono gli occhi dal piacere.
Quando ci separammo per riprendere aria, ne approfittai per soddisfare anche lui, scivolando sul copriletto fino a raggiungere la sua erezione. Sollevai appena il collo, baciando la punta, per poi circondarla con le labbra.
«A-ah! … », sorpreso, il gemito gli morì in gola, strozzato, mentre si reggeva per non crollare sul materasso. Continuai ad accogliendo in bocca, poco alla volta, tutta la lunghezza, fin dove la mia cavità orale potesse permetterlo, raggiungendo la base con le mani, sfiorandola appena. Lo sentivo contrarsi e inizia a pompare. Succhiavo e lappavo la sua virilità d'istinto, senza essere completamente cosciente di ciò che stavo facendo. Iniziò a venirmi incontro coi fianchi, un fiume di erotici gemiti che sfuggiva alle sue labbra tentatrici. Man mano che lo stimolavo lo sentivo ingrossarsi.
«Ah … E-Ele … sto per … », strinse i denti ma capii al volo cosa intendeva.
Scese fino a raggiungermi, mentre mi appoggiavo sui cuscini appena rialzati, sollevando le gambe ed allacciandogliele in vita.
Kiki portò due dita alla mia bocca. Schiusi le labbra, succhiando ad occhi chiusi e sentivo ansimi veloci da qualche parte sopra di me. Ritrasse poi le dita, facendole scorrere lungo il mio ventre fino ad arrivare alla mia entrata. Premette piano, intrufolandole con calma in me. La mia mano scattò alla mia bocca, per impedire che ne uscisse anche solo un suono di godimento o dolore che fosse, le palpebre serrate. Percepii che si era fermato, ma non feci niente. Qualche secondo dopo, che parve interminabile, mi abituai all'intrusione. Annuii e sentii le falangi affondare ancora un po'. Mugugni soffocati sbattevano contro il mio palmo, mentre il fastidio iniziale si trasformava in qualcosa di ben più piacevole. Di scatto tolsi la mano dalle labbra, ansimando in modo osceno.
«A-adesso … ! Ah! … ».
Le dita vennero ritirate. Gemetti vogliosa, quando l'istante successivo la punta della sua virilità si faceva strada in me.
«Dio! … Aah! … ».
Stringevo convulsamente gli occhi, mentre le mani torturavano la coperta.
Kiki entrò poco per volta finché non fu tutto dentro. Il suo calore era incredibile.
A quel punto cominciò a spingere, ritirarsi e riaffondare, mentre ansimavamo senza controllo. Lasciai il copriletto, allacciando per l'ennesima volta le braccia al suo collo, per poi baciarlo con passione. Lui rispose con altrettanto coinvolgimento, succhiando la mia lingua tra le labbra, stuzzicandomi, mentre il mio corpo si tendeva come un arco per andargli incontro.
Ad un tratto sentii venire sfiorato un punto in me che mi fece emettere un urlo di piacere più forte degli altri.
«A-ancora … lì … aaah!».
Kiki uscì, spostandosi un po' per migliorare l'angolazione e riaffondò, centrando la stessa zona di prima.
«Aaah! … Oddio! … », proruppi. Le spinte si fecero sempre più veloci ed irregolari mentre ci avvicinavamo all'orgasmo.
«A-aaah! … Ele!».
Sentire la sua voce così eccitata mi fece raggiungere il limite e venni, gettando la testa all'indietro, un lungo gemito che fuoriusciva dalle mie labbra. Kiki mi raggiunse con la spinta seguente, ansimando altrettanto forte. Mi sentii inondata del suo liquido caldo, prima che lasciasse il mio corpo e si sdraiasse accanto a me, stringendomi contro il suo petto favoloso. Sentivo la sua pelle leggermente sudata, il suo cuore che batteva rapidissimo, il respiro affannoso nell'orecchio.
Poco per volta riprendemmo a respirare regolarmente, mentre le nostre palpebre si chiudevano e ci abbandonavamo al sonno.



Seoul, mattino seguente, ore 9:03
Sentivo il sole sul viso già da un po', ma mi ostinavo a tenere gli occhi serrati, pigramente. Quando però un raggio più prepotente si fermò sulla palpebra chiusa li aprii, infastidita.
Per prima cosa sentii l'odore di Kiki accanto a me e strofinai il naso contro la sua spalla, come un cucciolo. Una mano gentile mi andò ad accarezzare i capelli così alzai lo sguardo finché non incontrai il suo che sorrideva sereno. Il sole giocava con la sua pelle, creando dei fantasiosi ghirigori di luce. Era perfetto anche appena sveglio.
«Buongiorno».
Ah, quanto avrei voluto rispondere! Ma la mattina proprio non riuscivo a parlare; mi limitai ad un sorriso forzato. Lui mi baciò le labbra con uno schiocco, per poi alzarsi a sedere. Sbadigliò, stiracchiandosi come un gatto.
Misericordia, per poco non gli saltavo addosso alla vista di tutti quei muscoli in tensione.
Terminato, si voltò verso di me.
«Fame?».
Annuii e lo seguii fuori dal letto, realizzando troppo tardi che eravamo ancora entrambi nudi. Arrossii furiosamente, guardando altrove e cercando di coprirmi. Il sorriso di Kiki si ampliò, per poi scomparire alla mia vista quando si chinò per raccogliere le mie mutandine e la sua canottiera nera. Me le lanciò, ed io le afferrai al volo, mentre lui estraeva dalla pila di vestiti abbandonati i boxer e se li infilava.
Lo imitai, sentendo il profumo della maglietta smanicata. Mi prese la mano e mi portò in salotto.
W-O-W!
Sulla destra c'era un enorme divano di pelle nera con tanto di penisola e puff, su un gigantesco tappeto a moquette del medesimo colore che ospitava anche un tavolino basso in vetro. Sulla sinistra un impianto stereo con mensole e porta CD strapieni. Di fronte, una libreria a muro con ripiani vetrati. Alla destra di questa, una TV al plasma da parecchi pollici appesa al muro. Sotto, un mobiletto con i telecomandi ed un paio di consolles.
Tutta la parete a destra del divano era un'unica grande vetrata scorrevole che dava su un balconcino.
Probabilmente mi luccicavano gli occhi. Sentii un leggero strattone al braccio ed alzando il capo vidi l'espressione divertita di Kiki. Costrinsi le mie gambe a muoversi e lo seguii oltre il salotto. Credevo che nell'angolo verso il quale ci stavamo dirigendo ci fosse solo la porta d'ingresso, invece in una rientranza sulla sinistra spuntavano delle tendine chi chiaro legno intrecciato che precedevano la cucina.
Era moderna, col forno alto ed una grande isola centrale che fungeva in gran parte da tavolo, tranne che per una delle estremità, dove vi erano i fornelli. Kiki mi fece cenno di accomodarmi ed io presi posto su uno degli sgabellini, mentre lui apriva una delle antine degli armadietti a muro, estraendone dei muffin al cioccolato. Ne prese uno, mentre io facevo altrettanto. Fissai il dolcetto per un attimo e poi alzai gli occhi verso di lui.
«Ti dispiace se mangiamo di là?», finalmente parlai.
Morivo dalla voglia di sedermi su quel fantastico divano di pelle nera e lucida, sentir scricchiolare il cuoio quando vi avrei preso posto …
«Certo».
La sua voce era tranquilla, rilassata.
Tenendomi per mano mi portò nuovamente in salotto. Quando salii sul tappeto mi lasciò, mentre mi guardavo intorno trepidante, cercando di decidere dove sedermi, le nude dita dei piedi che sfregavano contro il pelo soffice della moquette.
Arricciai le labbra, aggirai il tavolino e mi sparapanzai sulla penisola, gemendo internamente al suono che produsse il materiale quando schiacciai il cuscino.
L'istante dopo Kiki era accanto a me, un braccio attorno alle mie spalle e la confezione di muffin in grembo. Allungai una mano, afferrando il dolcetto e lo portai alla bocca, addentandolo con gusto. Lui sorrise e cominciò a mangiare. Appoggiai il capo nella conca creata dalla sua clavicola, e lui spostò il braccio attorno alla mia vita, accarezzandola, creando degli arabeschi col pollice.
Era davvero buono, quel muffin. SE non fosse che ero abituata a non ingozzarmi, l'avrei divorato in un lampo.
Mentre le ultime briciole si scioglievano sulla lingua, accartocciai la cartina, depositandola nella scatola, a far compagnia alle altre.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, senza alcun disagio. Poi parlai.
«Oggi che facciamo?». Kiki rise, sentii il suo petto vibrare.
«Veramente … », cominciò, in tono sospensivo. Mi voltai verso di lui, curiosa.
« … A qualcosa stavo pensando … ».
Mi prese delicatamente il mento tra due dita ed appoggiò le sue labbra sulle mie, piano. Ricambiai il bacio, sorridendo, prendendo ad assaggiarle, succhiando e leccando quella carne morbida finché la sua lingua non intercettò la mia, coinvolgendola.
Un'altra scarica e senza smettere di baciarlo mi sedetti in braccio a lui, le mie gambe attorno al suo bacino,, le dita che gli sfioravano la nuca. Era così piacevole …
TOC TOC!
Kiki aggrottò le sopracciglia, ma anziché farmi alzare, infilò le mani nei miei capelli, attirandomi a sé, baciandomi con più passione.
TOC TOC TOC!
Mi stavo irritando. Quanta insistenza! Kiki sembrava dello stesso avviso.
TOC TOC TOC TOC!
Stavolta ai colpi si unì una voce infastidita.
«Kikwang, se non apri subito sfondo la porta!».
Allora ci separammo. Sbuffò e mi fissò leggermente colpevole, per poi farmi un cenno. Mi lazai, ritornando sulla penisola, mentre Kiki raggiungeva la porta. Questa venne spalancata e mostrò il volto corrucciato di Dong Woon, il quale superò l'amico e si fermò al centro della sala.
Nonappena mi vide fece un sorrisetto. Ricordandomi com'ero conciata, arrossi e salutai con la mano.
Quindi il ragazzo si rivolse all'altro.
«Ah, ecco perché sei in ritardo per le prove!».
Kiki sembrò realizzare ciò che stava dicendo il Dong Woon. Eppure non pareva convinto.
«Dopo i concerti non proviamo mai, però».
«Già. Ce l'ha detto ieri sera la casa di produzione, ma tu te n'eri già andato, così ti abbiamo mandato un messaggio ...».
Kiki mi guardò. Il cellulare era stato completamente dimenticato. Mi raggiunse, riaccomodandosi al mio fianco, per poi fronteggiare l'amico.
«Lei è Ele».
La presentazione mi prese alla sprovvista. Lo guardai stupefatta, prima lui e poi Dong, che s'introdusse a sua volta.
«Dong Woon, piacere».
Annuii e sorrisi, ancora in imbarazzo.
«Comunque muoviti, se non vuoi incorrere nelle ire degli altri … beh, a parte Yose … ».
«D'accordo, arrivo. Aspettami giù».
Il Dong Woon annuì, uscì e si richiuse la porta alle spalle. Kiki quindi si voltò verso di me.
«Scusa», scossi la testa.
«Tranquillo», lo rassicurai.
Ci andammo a vestire ed una volta pronti scendemmo. I due mi diedero uno strappo in albergo (un bacio di Kiki sostituì il comune “ci vediamo più tardi”) e salii in camera.



Seoul, una settimana dopo, ore 18:57
Eravamo all'aeroporto. Kiki mi reggeva una delle valigie (l'altra l'avevo io). Dovevo fare il check-in e non riuscivo a dare un passo. Davanti a me c'erano i metal detector, nel mio petto un macigno pesantissimo. Stringevo convulsamente la mano di Kiki, mordendomi le labbra, e probabilmente avevo anche le sopracciglia aggrottate.
Non ce la facevo. Non potevo lasciare Kiki, non ora! Ma la mia carriera mi aspettava. WI?! (2), i miei film, le mie serie, i miei libri … dovevo andare.
«Ele … », sentii la stretta farsi più forte. Non era doloroso, ma sentire tanto affetto in quella presa faceva male. E parecchio.
Feci un respiro profondo. Dov'era tutto il mio coraggio? La mia determinazione? Da qualche parte dentro di me, all'improvviso, le risentii e mi portai di fronte al ragazzo che mi affiancava. Lui mi sorrise malinconico.
«Giuro che ci vedremo ancora», mi promise ed io annuii fiduciosa.
Mi alzai in punta di piedi e le nostre labbra si unirono per l'ennesima volta.
«Ciao», sussurrai.
«Ciao».
Lasciai la sua mano lentamente, gli sfilai l'altra valigia e mi incamminai verso le guardie, mentre ero certa che il suo sguardo fosse ancora puntato su di me.
La lucina in cima alla struttura metallica lampeggiò di verde, ritirai i bagagli e mi girai un'ultima volta verso di lui, salutandolo con un sorriso sereno, che ricambiò.
Quindi mi voltai e superai la curva che mi avrebbe condotta ai fingers.



Los Angeles, un anno dopo, 20:00
Avevo appena finito di asciugare i capelli.
All'improvviso sentii suonare il campanello e sbuffai. Non era un po' tardi per le visite?
Infilai la vestaglia che avevo lasciato sulla poltrona, la allacciai e mi diressi alla porta, chiedendo chi fosse. La risposta fu pronunciata in un inglese dall'accento strano.
«Un amico».
Pensai a Luca (3), ma mi aveva detto che quella settimana sarebbe tornato dai suoi …
Aprii, curiosa e sospetta, solo per rimanere senza fiato.
«Cos- … ?».
Non mi ero accorta che stavo avendo la sua stessa reazione di quando ci eravamo incontrati a Seoul, perciò non capivo perché il suo sorriso si stesse allargando.
«Ehi», mi salutò.
Indietreggiai, facendolo entrare, mentre cercavo di accettare che fosse davvero lì.
E poi mi abbracciò, così stretta che il cuore mi partì in tangente. Ricambiai appoggiando la testa sulla sua spalla, felicissima. Lui mi diede un bacio sui capelli e cominciò a cullarmi tra le braccia.
«Bentornato», dissi, incoerente dal momento che non veniva da Los Angeles. Eppure mi venne spontaneo.
Allentammo la presa e ci guardammo negli occhi, entrambe le paia scintillavano.
Mi sfiorò il naso col proprio, prima di appoggiare le labbra sulle mie.


OWARI~



Sakura-chan (1): soprannome di un'amica della protagonista
WI?! (2): serie inventata dalla protagonista
Luca (3): amico della protagonista e mio

Link alla fic EFP nel titolo
view post Posted: 9/1/2015, 19:35 L'Arma Segreta - Fanfiction
Ciao a tutte!
Questa è stata la prima fanfiction che ho scritto. Si svolge durante il periodo in cui L e Light sono ammanettati l'uno all'altro.
Good Reading ^^



L'ARMA SEGRETA



Era un giovedì e quella sera c'era poco lavoro. Raito e Ryuuzaki avevano tirato comunque tardi, presi dalle loro congetture sul caso Kira.

Tornati alla loro stanza, Raito prese a fissare Ryuuzaki; era dà un po' che ci pensava, ma Ryuuzaki gli sembrava sempre più intrigante e anche molto attraente... era un pensiero molto strano per un tipo perfetto e preciso come Raito, ma non poteva farne a meno: Ryuuzaki, nei suoi modi bizzarri, nel suo abbigliamento particolare, nella sua intelligenza aveva sempre attratto Raito, che ultimamente restava spesso a fissarlo... Ad un certo punto percepì un violento strattone: era Ryuuzaki che aveva tirato per qualche ragione la catena delle manette dalla sua poltrona.

Raito si riprese subito: era così abituato alle manette che non se ne rendeva nemmeno conto.

-Perché continui a fissarmi, Raito-kun?- chiese Ryuuzaki con la sua solita voce atona.

Raito abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente. Ma che diamine gli succedeva? Da giorni ormai non faceva altro che fissare il moro, non riusciva nemmeno a concentrarsi sul caso Kira, che gli sembrava ormai archiviato. Poi una parte del suo brillante cervello gli ricordò che Ryuuzaki gli aveva fatto una domanda.

Arrossì di nuovo, più intensamente e rispose col tono più calmo che riuscì a simulare.
-Non è nulla...-.

Ryuuzaki non insistette, ma lo scrutò con attenzione da sotto la sua chioma scompigliata, leccando un gelato alla fragola.

Raito, sperando di non essere visto, continuava a guardare il compagno, osservando con attenzione ogni suo gesto, non voleva dimenticarsene: come sbatteva le ciglia, come faceva spostamenti impercettibili sulla sedia cambiando leggermente la sua bizzarra posizione, come leccava il gelato con la sua lingua morbida e delicata, che poi passava velocemente sulle labbra, per non lasciarsi sfuggire nemmeno un frammento del gelato. Improvvisamente lo investì il desiderio di sentire il suo odore e il suo sapore... era un desiderio forte, non poteva resistere, ma doveva: che avrebbe pensato Ryuuzaki ?
Un secondo dopo capì che non gli importava. Chissà perché se n'era preoccupato. Voleva scoprirlo, e voleva farlo subito. Lentamente si alzò dal divano e lo chiamò: -Ryuuzaki?- .

Quello si girò. Raito lo fissò negli occhi cercando di comunicargli qualcosa con lo sguardo, cercando di fargli capire ciò che pensava.

Il moro ricambiò l'occhiata, curioso. Raito si avvicinò ancora, finò a trovarsi di fronte all'altro. Si inginocchiò davanti alla poltrona e avvicinò il suo viso a quello del detective. Ryuuzaki arrossì. Raito non seppe resistere a quell'atto di timidezza: voleva baciarlo, il desiderio gli stordiva la testa.

Ma prima che potesse avvicinarsi ulteriormente, Ryuuzaki fece qualcosa di inaspettato: con velocità impressionante, tirò fuori qualcosa che sembrava una bomboletta e la spruzzò dritto negli occhi di Raito, che urlò.

Quando Raito si fu calmato, Ryuuzaki lo scrutò con aria di superiorità e cambiò tono di voce: assomigliava al presentatore di un programma televisivo.
-Mai dimenticare lo Spray Antiaggressione al Peperoncino!-
view post Posted: 26/3/2013, 23:35 Queer as Folk - Cinema e TV

queerasfolk102



Queer as Folk è una serie televisiva statunitense prodotta tra il 2000 e il 2005 da Showtime e Temple Street Productions. Si basa sull'omonima serie televisiva inglese creata da Russell T. Davies.
Il titolo della serie nasce da un'espressione dialettale di alcune zone del nord dell'Inghilterra: «there's nought so queer as folk», che significa «non c'è nulla di così strano come la gente»; dove la parola queer in inglese significa, oltre che strano, anche omosessuale.
Queer as Folk segue le vicende di cinque uomini gay (Brian, Justin, Michael, Emmett e Ted) ed una coppia lesbica (Lindsay e Melanie) che vivono a Pittsburgh, in Pennsylvania. È stato aggiunto nella seconda stagione anche un altro personaggio maschile, Ben. La serie è stata girata in Canada: molte scene esterne nella chiesa di Toronto e nel Wellesley gay village.

Da Wikipedia


Trama


Un gruppo di amici sta trascorrendo la serata al Babylon, nota e ben frequentata discoteca gay di Liberty Avenue.
Sono Brian, Michael, Ted ed Emmett. Dovrebbe essere una serata come tante, fatta di divertimento, musica, sesso, ma gli eventi si muovono in modo del tutto inatteso e lentamente le loro vite prenderanno una piega che non avrebbero mai immaginato...

Scheda Info

Prima Serie: 22 episodi
Seconda Serie: 20 episodi
Terza Serie: 14 episodi
Quarta Serie: 14 episodi
Quinta Serie: 13 episodi


La parte iniziale dell'episodio 5x12 è stata assurdamente censurata, ma in ogni caso su youtube trovate tutta la serie in italiano, inclusa la scena tagliata.


ATTENZIONE!
si sconsiglia la visione a chi è particolarmente sensibile o non gradisce scene di nudo e sesso.

CITAZIONE
I controversi percorsi narrativi esplorati hanno incluso: il coming out, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l'uso e l'abuso di droghe per divertimento, l'adozione da parte di coppie dello stesso sesso, l'inseminazione artificiale, i vigilanti, le aggressioni contro i gay, il sesso sicuro, la sieropositività, la prostituzione minorile, i ministri di culto gay, la discriminazione sul posto di lavoro basata sull'orientamento sessuale, l'industria pornografica di Internet e i bug-chasers (individui sieronegativi che secondo la leggenda urbana cercano attivamente di diventare sieropositivi).
La serie si è fatta notare per la descrizione, in qualche modo franca, del modo di vivere e del sesso gay: le scene provocatorie abbondano a partire dal primo episodio che contiene la prima scena di sesso (che include masturbazione reciproca, sesso anale, e rimming) tra due uomini.
Malgrado la franca descrizione dell'uso di droga e del sesso promiscuo nel gay club, non si è mai manifestata l'attesa reazione dei conservatori.


E se pensate che stia esagerando, eccovi un piccolo assaggio… e sono le scene più leggere, eh ;)


Personaggi

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Brian Kinney (stagioni 1-5), interpretato da Gale Harold.


Noto come uno stronzo, ninfomane, narcisista, egoista, cinico in amore e via andando, è il protagonista della serie. E' però il genere di persona definita come "stronzo onesto", perché nel bene e nel male lui non illude nessuno. Fa tutto ciò che vuole, dice ciò che vuole senza scuse, giustificazioni o rimpianti, eppure a modo suo dimostra sempre di tenere ai suoi amici.
Credo che questa fanfiction lo descriva perfettamente, date un'occhiata, non c'è trama, è solo la sua descrizione allo stato puro.

Justin
Justin Taylor (stagioni 1-5), interpretato da Randy Harrison.


È il più giovane del gruppo, ha un cuore d’artista, ama disegnare, e quando conosce e s’innamora di Brian ha solo 17 anni. Inizialmente sembra un ragazzino innamorato ed un po' ingenuo, ma rivela di possedere un carattere deciso, testardo, coraggioso e molto maturo per la sua età.
Nel corso della serie cresce e matura molto, diventando un uomo degno di questo nome, e soprattutto non abbandonerà mai la propria tenacia nel seguire i suoi sogni.

Mike
Michael Novotny (stagioni 1-5), interpretato da Hal Sparks.


E’ il miglior amico di Brian. Sono praticamente cresciuti insieme, e il loro legame è molto forte, tanto che Mike ha una sorta di cotta adolescenziale per Mr Kinney. È dolce, carino, simpatico, il classico ragazzo della porta accanto.
Amante dei fumetti, anche per lui il rapporto con Brian cambierà molto, permettendogli di ampliare le sue vedute.

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Deborah "Debbie" Novotny (stagioni 1-5), interpretata da Sharon Gless.


Sssssssssssssssspumeggiante! Colorata, allegra, dinamica, divertente, irriverente!
E’ la madre di Michael, lavora in un fastfood gay, ed ha un fratello, anch’egli gay che purtroppo è sieropositivo, un uomo ironico e divertente che convivono, e si adorano a vicenda. E' orgogliosa che suo figlio e suo fratello siano gay, e affronta i problemi con brio e umorismo. È una persona davvero generosa e dolce, che si rivelerà un prezioso sostegno anche per Justin e sua madre.

Ted
Theodor "Ted" Schmidt (stagioni 1-5), interpretato da Scott Lowell.

Ted. Piccolo grande orsacchiotto gentile e un po’ sfigato che ha circa 33 anni. Scopre presto che nel mondo etero avrebbe fatto conquiste, ma lui non potrebbe essere più gay di quanto non lo sia già. Amante della letteratura e musica classica, non disdegna i rumorosi locali notturni che frequentano i suoi amici, pur lavorando di giorno come contabile, però le sue mattinate sono tutt’altro che noiose, impegnato spesso in siti porno.
Ben presto capirà che la sua strada è un'altra e da lì inizieranno i suoi problemi!

Emmett
Emmett Honeycutt (stagioni 1-5), interpretato da Peter Paige.


Allegro, frivolo, ma anche carino e con un gusto particolare per i vestiti. È un ottimo amico, soprattutto per Michael e Ted.
E' la regina dei gay, sempre favoloso; un romantico sognatore con un grnade spirito di adattamento ed un grande cuore.

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Lindsay "Linz" Peterson (stagioni 1-5), interpretata da Thea Gill.
Melanie "Mel" Marcus (stagioni 1-5), interpretata da Michelle Clunie.


Queste due donne ve le presento insieme perché sono una coppia che sta insieme da 6 anni, quindi ve le presento così^^
Linz conosce Brian sin da quando erano piccoli, e fra i due c’è una bella intesa, tanto che quando hanno deciso di avere un bambino, Linz ha imposto che il padre biologico fosse Brian o nessun altro. E' un'insegnante d’arte e ben presto deciderà di dare una mano a Justin con la sua pittura.
Mel è un'avvocato in gamba che sa il fatto suo. Ha sempre la risposta pronta, per Brian come per chiunque e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.

Ben
Ben Bruckner (stagioni 2-5), interpretato da Robert Gant.


Dopo aver incontrato Michael in fumetteria, Ben entra a far parte del nostro quintetto di gay di Pittsburgh. E' un professore universitario di letteratura. Ironico, simpatico, divertente, sexy... è uno scrittore che ama tenersi in forma e crede fermamente nei principi buddhisti che gli sono di grande aiuto per prendere con filosofia la sua sieropositività.


cit. Teriel Donovan



Per quanto mi riguarda l'ho amata fin dal primo episodio. Se non si hanno preconcetti contro l'omosessualità, meglio ancora se la si sostiene, è impossibile - a parer mio - che questa serie non piaccia, non solo perché è qualcosa di totalmente diverso, qualcosa che non era mai stato fatto prima sullo schermo - e dubito che verrà rifatto - ma anche perché i personaggi, la trama, prendono.
Termini un episodio e vuoi immediatamente vedere il successivo, con una sola, martellante domanda in mente "E poi cosa succede?".
Nel corso di tutte e cinque le serie i personaggi maturano, crescono sotto gli occhi dello spettatore, e ognuno vive tante storie diverse. Ogni volta ci si chiede: "sarà lui l'uomo giusto?", "Riusciranno a stare insieme?", "Ma che casino, la risolvono questa cosa?".
Ovviamente non approvo l'uso sconsiderato di droghe eccetera, ma sono solo un contorno, e per quanto mi ha riguardato non mi ha disturbata affatto, e sono il tipo di persona ipercritica a riguardo.
Io in quasi 2 mesi mi sono vista tutto QaF, informata sugli attori, sugli show, visto interviste, salvato un fantamilione di gif e foto, visto tributi, tantissime scene in originale, scaricato promo, trailer, episodi in inglese, visto spezzoni in francese, tedesco e spagnolo, rivisto episodi, scaricato soundtrack (in fase di elaborazione), convertito 3 persone a vederlo, sognato Brian (e Justin) almeno 10 volte, letto tantissime fic, dedicandomi a questo con grande passione.
Forse sono io, ma ogni persona con cui ne parlo mi dice la stessa cosa: "Ne ho nostalgia", "vorrei rivederlo", "non riesci a staccarti dallo schermo" più commenti a scene, personaggi, citazioni...

Spero di avervi messo almeno un po' di curiosità addosso... altrimenti magnema! XD
view post Posted: 22/10/2011, 16:10 Sasuke: lo Odiate o lo Amate? - Naruto
E' il mio personaggio preferito *_*
:love:
view post Posted: 3/1/2011, 16:23 Che canzone state ascoltando? - Musica

OUR SOLEMN HOUR - WITHIN TEMPTATION

view post Posted: 3/1/2011, 16:22 Cambio nick - Off Topic
Da .:Tessy_River:. a †Susy_River~
view post Posted: 12/10/2010, 17:37 Hello everyone!!! - Death List
Ma beneeeee!!! Mello stai pronto che tra poco avrai un'altra fan ;)
<< Fantastico, avevo bisogno di aria nuova ... >>.
image << Mello, tu non sei etero U.U >>.
<< Dettagli, dettagli!! ... >>.
view post Posted: 11/10/2010, 18:53 Ciiao! - Death List
Ma ancora Wellcoooome!!!
image
77 replies since 28/7/2010